Recensione: La profezia dell’armadillo di Zerocalcare

Titolo: La profezia dell’armadillo | Autore: Zerocalcare | Casa Editrice: Bao Publishing | Data pubblicazione: 2011 | Pagine: 160


L’opera è composta da storie di poche tavole l’una, per lo più autoconclusive, ma che messe insieme compongono un affresco più grande e complesso. Partendo dal momento in cui viene a sapere della morte di Camille, sua vecchia amica e primo grande amore, l’autore inframmezza flashback adolescenziali che descrivono la storia della loro amicizia a racconti della sua vita quotidiana da quasi-trentenne nella Roma degli anni duemila.


Appartengo a quel numeroso gruppo di persone che ha conosciuto Zerocalcare grazie alla sua serie su Netflix, Strappare lungo i bordi (2021). Non che prima non sapessi chi fosse, ma non avevo mai visto né letto nulla di suo, utilizzando la scusa che il fumetto e le graphic novel non fossero il mio genere.
Poi però Strappare lungo i bordi l’ha guardata (e amata) tutta Italia e io non potevo esimermi. Per fortuna. Non vorrei iniziare a parlare della serie tv, perché meriterebbe un’intera recensione a parte, ma posso dire che è stato il mio colpo di fulmine con Zerocalcare: mi ha assolutamente conquistata.
A Natale mio fratello mi ha regalato questo libro, nonché il primo di Zerocalcare, La profezia dell’armadillo, che è stata un po’ la conferma di questo amore appena sbocciato. I temi, ma anche la stessa trama, sono poi diventati quelli della serie tv, cosa che mi era stata già preannunciata, ma nonostante questo la lettura è tutta un’esperienza nuova.

La storia si apre con la notizia della morte di Camille, sua amica di tutta la vita e più che cotta adolescenziale, un’amore mai apertamente confessato e lasciato correre via, come si lasciano correre gli anni, con un senso di rassegnazione e di insoddisfazione. Poi si succedono tante piccole storie, un po’ collegate tra loro, un po’ apparentemente no, tra il quotidiano e il sovrannaturale: il tutto a comporre un viaggio nel dolore, che però non abbia al centro il dolore.

La prima cosa che ho pensato con il libro tra le mani, è stata che un volume così ti da’ proprio una certa soddisfazione legata all’oggeto in sè. Credo sia una cosa propria delle graphic novel in generale, ma sono decisamente belle: tutto è così curato e ben fatto, sfogliarle è un piacere, le pagine fanno un rumore diverso.
Dopo questi pensieri da totale inesperta del genere, mi sono immersa nella lettura. Penso di aver letto il tutto con il sorriso sulle labbra e gli occhi sgranati di ammirazione. Ho riso tanto, e ho anche pianto. Io mi stupisco già quando un libro vero (altra definizione da inesperta quasi blasfema) riesce a emozionarmi in questo modo, figuriamoci delle pagine così, fatte da poche parole e tante immagini.

L’aspetto che più mi ha colpita è stata questa capacità di dar voce a sentimenti e pensieri comuni, in modo così naturale; di dare al lettore la sensazione che questa storia sia un po’ anche la sua. Dalle piccole cose quotidiane, come le dinamiche in classe o l’insofferenza per gli ospiti, fino alle paure più grandi, agli smarrimenti che queste pagine raccontano: io l’ho sentita quella tentazione di essere ottimisti, di credere alle cose senza farlo fino in fondo, per la paura di trovarci nudi in mezzo ad un campo di fregature. Forse la provano tutti questa sensazione. O forse Zerocalcare scriveva proprio a me.

Ogni emozione poi, anche la più seria, è demolita dalla penna ironica e dissacrante che la disegna. Forse è proprio per questo che sentirsi capiti è così semplice e leggere di paranoie colossali è così piacevole. O anche rendersi conto che è da una vita che siamo alla ricerca della cosa giusta al momento giusto, di un tempismo inesistente, invano.
C’è un intelligenza e una dolcezza in queste pagine che non mi capitava di incontrare da tempo. Sicuramente sono solo all’inizio di questa conoscenza, ma sono felice di questo incontro: uno di quelli che ti fa riscoprire la bellezza di entrare nel mondo interiore altrui, attraverso le parole e le immagini, le paranoie e le risate.

♥ ♥ ♥ ♥


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Zerocalcare: pseudonimo di Michele Rech, è un fumettista italiano. Realizza i suoi primi lavori appena dopo il le scuole superiori realizzando un racconto a fumetti delle giornate del G8 di Genova del 2001. Ha collaborato con il quotidiano «Liberazione» e con le riviste «Carta», «Repubblica XL» e «Internazionale». Del 2011 è il suo primo libro a fumetti, La profezia dell’armadillo, pubblicato prima da Edizioni Graficart e poi da Bao Publishing che continuerà a pubblicare i libri seguenti, come Un polpo alla gola (2012), Ogni maledetto lunedì su due (2013), Dodici (2013), Dimentica il mio nome (2014), L’elenco telefonico degli accolli (2015), Kobane calling (2016), Macerie prime (2016), La scuola di pizze in faccia del professor Calcare (2019), Scheletri (2020), A babbo morto (2020) e Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia (2021).

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