Titolo: Arte è liberazione | Autore: Tomaso Montanari, Andrea Bigalli | Casa Editrice: Edizioni Gruppo Abele | Data pubblicazione: 16 settembre 2020 | Pagine: 144
L’arte è bellezza, ma è, prima ancora, storia delle persone e del loro percorso di liberazione e di presa di coscienza del mondo e della società. Le opere d’arte non sono solo “pezzi da museo” o, peggio, oggetti di consumo di quella che viene chiamata l’industria culturale. Studiare l’arte e visitare le sue espressioni serve a diventare cittadine e cittadini. Amare l’arte non significa occuparsi dei gingilli dei ricchi, ma di un patrimonio culturale comune che appartiene anche a chi, apparentemente, non ha nulla. Un patrimonio grazie al quale scoprire che è esistito un passato diverso, e che dunque sarà possibile anche un futuro diverso. Da questa consapevolezza nasce il libro di Tomaso Montanari e Andrea Bigalli, una finestra su venti vere “grandi opere”, note e meno note, del nostro Paese. Spaziando fra venticinque secoli e venti regioni, si va da Masaccio ai Murales di Orgosolo, dall’Abbazia di Novalesa a Giotto, dai Bronzi di Riace a Carlo Levi.
Ho ricevuto questo libro dalla casa editrice e ne sono stata entusiasta sin dal primo momento, ancor prima di vederlo. Mi era stato anticipato da Christian dell’ufficio stampa (che ringrazio di cuore ♥) che si sarebbe trattato di una raccolta di riflessioni attorno a diverse opere d’arte.
Quando poi mi sono trovata a sfogliarlo, ho scoperto che le opere d’arte in questione erano venti, una per ogni regione d’Italia e il mio entusiasmo è cresciuto a dismisura. Senza contare che tra queste c’è Lucania ’61 di Carlo Levi (che ho visto a Matera lo scorso anno, di cui abbiamo parlato qui) e uno dei murales di Orgosolo (che ho visitato quest’estate e di cui abbiamo parlato qui).
Quale momento migliore di questo per viaggiare con la mente tra i capolavori di un’Italia ferita, ma sempre bellissima? Quale momento migliore per fermarsi a riflettere, per fermarsi e lasciarsi liberare…
Si inizia dal nord, precisamente dalla Valle d’Aosta, e si viaggia in compagnia di due penne straordinarie, percorrendo dei sentieri inaspettati, fatti di tappe meravigliose. Il filo conduttore del viaggio è il potere che l’arte ha di liberare: dai preconcetti, dai confini, dalla colpa, dalla morte.
La penna di Tomaso Montanari è geniale, una scoperta che sono stata felice di fare: uno stile semplice ma dei contenuti ricchissimi. A lui spetta il compito di fornire al lettore qualche cenno sull’opera di ogni tappa e sull’artista che l’ha realizzata (è infatti uno storico dell’arte e professore universitario), ma anche quello di condurre in riflessioni che nascono dall’opera e che indagano una delle infinite facce dell’arte. Ho seguito un incontro online di presentazione del libro e il suo modo di parlare è, come la sua scrittura, magnetico; spazia con disinvoltura da un argomento all’altro, fornisce esempi e citazioni, traccia connessioni inaspettate eppure perfette.
C’è poi la scelta del come vivere contro la morte. Consegnando per amore il proprio corpo a tutti, perché in tutti possa continuare a vivere. Eduardo Galeano che scrive del Che Guevara: “Vivere è darsi, pensava. E si diede”.
La penna di Andrea Bigalli, invece, è stata tutta un’altra storia. Ho trovato il suo stile molto più complesso e costruito e questo mi ha costretto a rileggere interi paragrafi e a capire quello che voleva dire solo al termine del capitolo. A volte mi ha fatto arrabbiare perché non riuscivo a seguirlo o a capire dove volesse andare a parare. Così verso metà del libro ho adottato una strategia di lettura diversa: ho iniziato a leggere prima la sua parte del capitolo, in modo da dedicargli più energie e attenzioni. In parte ha funzionato: le sue riflessioni e ragionamenti sono tortuosi ma profondi, mi hanno spinta a interrogarmi sulla Chiesa e la religione, a cui lui volge uno sguardo estremamente critico, ma anche sul tempo, sul corpo, sulla solidarietà. Ma la vera svolta c’è stata verso la fine: l’ultima sera ero lì rassegnata che pensavo a che parole avrei usato nella recensione per dire che Andrea Bigalli proprio non era nelle mie corde. Ed ecco che mi trovo a leggere i tre capitoli migliori del libro, in cui la sua parte mi piace anche di più di quella di Tomaso Montanari e mi lascia ad annuire con uno stupore autentico. Morale della favola: è stata una relazione difficile, ma alla fine ha fatto decisamente breccia nel mio cuore.
Ecco da cosa, l’arte ci libera: dall’idea che la perfezione sia amputazione. Da questo senso di costrizione, di diffidenza per la bellezza del creato che ci è stata donata.
Vi ho veramente spiegato qualcosa del libro in tutte queste righe? Probabilmente no. Ma per rendere davvero l’idea dovrei raccontarvi tutte le cose che ho imparato da questa lettura e tutte le volte in cui mi sono fermata a riflettere, gli occhi sul soffitto e il libro socchiuso sulle gambe. Dovrei dirvi di quando ho pensato che le parole fossero talmente perfette che avrei voluto scriverle io, che quelle sensazioni le provo anche io, ma non avrei saputo dar loro voce. Alla sensazione di trovarsi in un luogo e sentire i brividi nel pensare che sta lì da secoli e secoli e che tra quelle stesse mura ci è passata la storia e mille suoi personaggi (più e meno noti). E anche della voglia che la storia ne parli di più, di quei personaggi meno noti, che la nostra storia sia la loro. Dovrei raccontarvi dello stupore (non sempre positivo) davanti agli eventi che si ripetono sotto vesti diverse e di mille altre sfumature che ho provato a sottolineare, alcune con un senso talmente sottile che sembravano sfuggirmi, altre talmente ingombranti da chiedermi come facciano a non essere davanti agli occhi di tutti.
E dietro a tutto questo c’è quella parola che gli autori definiscono abusata, ma a cui forse alla fine del libro riescono a restituire un significato pieno e nuovo: bellezza. Da ogni riga, ogni volto, ogni forma, ogni nome, traspare bellezza e questo è il significato migliore che le si potesse dare.
Vi auguro di leggere questo libro e che sia per voi un bel viaggio, che troviate degli amici saggi nei due autori e condottieri e che possiate cogliere in ogni opera quei dettagli liberatori e salvifici.
Entrare nel duomo di Siracusa mette i brividi. Mentre il Pantheon dichiara subito la sua straordinaria identità, la facciata barocca di questa non meno straordinaria cattedrale nasconde e non rivela. E quando, camminando nella penombra della navata, ci si accorge che i pilastri sono in realtà colonne doriche, e che sì, siamo proprio nel Tempio di Atena del V secolo a.C., e stiamo nello stesso spazio in cui entrarono prima di noi Cicerone, san Paolo e san Pietro: ebbene, la testa inizia a girare.
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Tomaso Montanari insegna Storia dell’arte moderna all’Università per stranieri di Siena. Prende parte al discorso pubblico sulla democrazia e i beni comuni con libri, saggi, articoli e interventi anche sui mezzi televisivi e sui social. È tra gli animatori di Volere la luna. Laboratorio di cultura politica e di buone pratiche. Per Edizioni Gruppo Abele ha scritto Cassandra muta. Intellettuali e potere nell’Italia senza verità (2017).
Andrea Bigalli è un prete e parroco fiorentino, docente all’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Toscana e socio dell’Assemblea Teologica Italiana. Giornalista pubblicista, è critico cinematografico iscritto al Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, collabora con Radio Toscana e altre testate. È referente regionale di Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.