Recensione: La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano

Ho letto questo libro più di un mese fa, ma credevo fosse più importante recensire delle belle novità. Oggi finalmente riesco a pubblicare questa mia opinione, che è un po’ spiazzata, come me.

La solitudine dei numeri primi

  • Titolo: La solitudine dei numeri primi

  • Autore: Paolo Giordano

  • Casa Editrice: Mondadori
  • Data pubblicazione: 1 Luglio 2008
  • Pagine: 304
  • Genere: Narrativa italiana, Romantico
  • Trama: Alice è una bambina obbligata dal padre a frequentare la scuola di sci. È una mattina di nebbia fitta, lei non ha voglia, il latte della colazione le pesa sullo stomaco. Persa nella nebbia, staccata dai compagni, se la fa addosso. Umiliata, cerca di scendere, ma finisce fuori pista spezzandosi una gamba. Resta sola, incapace di muoversi, al fondo di un canale innevato, a domandarsi se i lupi ci sono anche in inverno. Mattia è un bambino molto intelligente, ma ha una gemella, Michela, ritardata. La presenza di Michela umilia Mattia di fronte ai suoi coetanei e per questo, la prima volta che un compagno di classe li invita entrambi alla sua festa, Mattia abbandona Michela nel parco, con la promessa che tornerà presto da lei. Questi due episodi iniziali, con le loro conseguenze irreversibili, saranno il marchio impresso a fuoco nelle vite di Alice e Mattia, adolescenti, giovani e infine adulti. Le loro esistenze si incroceranno, e si scopriranno strettamente uniti, eppure invincibilmente divisi. Come quei numeri speciali, che i matematici chiamano “primi gemelli”: due numeri primi vicini ma mai abbastanza per toccarsi davvero. Un romanzo d’esordio che alterna momenti di durezza e spietata tensione a scene rarefatte e di trattenuta emozione, di sconsolata tenerezza e di tenace speranza.

Opinione personale:

snow La solitudine dei numeri primi è uno di quei libri di cui tutti sentiamo parlare, che tutti conosciamo almeno di nome. Per me è sempre stato una fonte di curiosità: per quel titolo così bello, perché i pareri erano tutti o estremamente positivi o estremamente negativi, per quel film che è stato tanto criticato. Anche per quella frase così celebre, che scriverò qui da qualche parte. Cosa mi aspettavo? Un capolavoro, o in alternativa un’assoluta schifezza. No, ci sono rimasta male, non è stato nessuno delle due cose.

Aprì la bocca per rispondere che sentirsi speciali è la peggiore delle gabbie che uno possa costruirsi, ma poi non disse nulla.

La storia è quella di Alice e quella di Mattia: è proprio il caso di dirlo, che sono due storie separate, perché sono loro i due numeri primi, quelli sempre soli. Due numeri primi gemelli, vicini, ma mai abbastanza. Non si capisce se si amano, se si vogliono bene, se a nessuno dei due importi dell’altro. Perché sanno di essere in difficoltà ma non si aiutano: vivono soli tra anoressia, tagli e cicatrici, crisi.
E basta, questa è la storia. Piaciuta? Non succede assolutamente nulla di eclatante. Sono due bambini, poi due ragazzi, poi un uomo e una donna, segnati dalle cicatrici del passato, che soffrono dentro e fuori. Mattia è segnato dal fantasma di sua sorella, di Michela; Alice dal fantasma di sé stessa, e dall’ombra di suo padre. Che poi, noalonen ho neanche capito bene perché Alice soffre così. Forse è colpa di Mattia, in parte.
I personaggi non sono male, anzi. sono complessi, quasi criptici, però sanno raccontarsi. Lo stile cattura l’attenzione, è indubbiamente un libro ben scritto, carico di metafore, di frasi da sottolineare. Il titolo stesso è una poesia. E non è vero che Giordano scrive con i piedi solo perché è un fisico, scrive benissimo. Dà vita a luoghi e vicende mozzafiato. Ma che finiscono lì.

…perché l’amore di chi non amiamo si deposita sulla superficie, e da lì evapora in fretta.

Perché poi la sostanza non c’è. Ci sono queste due solitudini, circondate da altre solitudini, e si avvertono forti. E forse questa dovrebbe essere la sostanza: ma non va bene raccontare una sensazione, bisogna raccontare storie, che le racchiudano. Non va bene neanche caricare i personaggi come se fossero i portatori di tutte le pene del mondo, perché vi giuro, non c’è una persona, non dico felice, ma che conduca una vita normale: sono tutti sommersi da problemi, a cui non fanno mai fronte. C’è tanta di quella cattiveria, che voi direte è la realtà: ma no, non lo è, è peggio. E diventa surreale, non credibile. Da costringerti a mangiare una caramella coperta di polvere e sporco del pavimento.
Il mio voto è due cuori e mezzo. Perché è la metà. L’ho trovato un libro mediocre, senza sapore, che ti illude: si fa leggere e poi ti lascia lì, con un’angoscia assurda, a chiederti se forse hai mancato qualche passaggio. Sarà.
Non è così brutto come dicono, non è scritto male. Non è così bello come ve lo faranno sembrare, con quelle frasi sottolineate, dalle parole ricercate. Non mi spiego il premio strega, ma in fondo siamo alle solite; ma è anche vero che qualcuno lo ha apprezzato. Io dalla mia ignoranza di tutte queste belle emozioni, ve lo sconsiglio.

Tra i numeri primi ce ne sono alcuni ancora più speciali. I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero. Numeri come l’11 e il 13, come il 17 e il 19, il 41 e il 43. Se si ha la pazienza di andare avanti a contare, si scopre che queste coppie via via si diradano. Ci si imbatte in numeri primi sempre più isolati, smarriti in quello spazio silenzioso e cadenzato fatto solo di cifre e si avverte il presentimento angosciante che le coppie incontrate fino a lì fossero un fatto accidentale, che il vero destino sia quello di rimanere soli. Poi, proprio quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatte in altri due gemelli, avvinghiati stretti l’uno all’altro. Tra i matematici è convinzione comune che per quanto si possa andare avanti, ve ne saranno sempre altri due, anche se nessuno può dire dove, finché non li si scopre.

Il mio voto:

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L’autore:
Paolo Giordano: Ha conseguito la laurea specialistica in fisica delle interazioni fondamentali. È autore del romanzo La solitudine dei numeri primi (Mondadori, 2008 – Premio Campiello Opera Prima, Premio Fiesole Narrativa Under 40 e Premio Strega 2008). Un suo racconto è incluso nell’antologia Dignità! Nove scrittori per Medici Senza Frontiere (Feltrinelli 2011). Del 2012 il romanzo Il corpo umano (Mondadori) e del 2014 Il nero e l’argento (Einaudi).

16 commenti Aggiungi il tuo

  1. Cose da V ha detto:

    Io non ho ancora capito se questo libro mi sia piaciuto o meno. Mi dà il senso di essere un po’ vuoto. Forse l’autore ha voluto lasciarci un po’ nel dubbio, ma comunque non è un libro che ricordo con passione…

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    1. Io ho dovuto rifletterci un po’, è il bilancio non è stato molto positivo! Forse sì, c’era l’intento del dubbio, ma è riuscito più come un’attesa mai ripagata, almeno nel mio caso…

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  2. Io non l’ho letto, ma avevo già intenzione di non farlo.
    Non mi ha mai ispirato per niente… tutte questi titoli, che vanno tanto di moda oggi, con stati depressivi esasperati, mi hanno stufato.
    Come dici, e non è solo il caso di questo libro, ma anche di altri del genere, parlano solo di queste esistenze piene di crisi, ma non si capisce dove vogliano andare a parare.
    E’ un continuo “infangarsi” sempre di più.
    E’ la vita? Si e no, ma anche se lo fosse, proprio perché la vita è già di suo abbastanza complessa e piena di momenti bui, non ho proprio voglia di deprimermi ulteriormente.
    Leggere per me è un modo per evadere, non per farmi carico di altri problemi.
    E se proprio voglio leggere di disagiati allora vado sulla pagina FB “l’inquietante disagio degli utenti di tumblr italia” almeno mi faccio pure due risate.

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    1. Ahahaha sono totalmente d’accordo! Non gradisco molto le storie cariche d’angoscia, non mi catturano. Anche se poi ci sono delle eccezioni, in casi di libri veramente belli. Purtroppo non è stato questo il caso. E’ stato proprio un continuo infangarsi.
      Per quanto riguarda il titolo, credo che questo sia stato il primo di una lunga serie di titoli dolci-amari, o quantomeno uno dei primi! Hai fatto bene a non lasciarti ingannare!

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      1. Sì, le eccezioni esistono sempre, ci sono sicuramente casi di libri davvero bello, ma che soprattutto non siano delle cose senza senso su tutta la linea. Ad esempio , vedi filone “colpa delle stelle”, adesso tutti libri di ragazzini con malattie.

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  3. marac. ha detto:

    Io l’ho adorato e sono profondamente arrabbiata e delusa con Giordano per il finale ❤️

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    1. Bè è anche per questo che il mio parere è stato negativo: il finale segue il filone del resto della storia. Però credo che sia questione di gusti davvero… 🙂

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      1. marac. ha detto:

        Non è che hai intenzione di leggere Anna di ammaniti? 😁 aspetto la recensione anche se lo leggerò lo stesso

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      2. Ho intenzione di leggerlo, ma non credo che riuscirò a farlo tanto presto 😀 Se dovessi leggerlo prima tu, fammi sapere com’è! 🙂

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  4. Zenzero ha detto:

    Mi è piaciuta tantissimo questa tua recensione. Soprattutto il tuo commento su come non ci sia un personaggio con una vita normale.
    Per me non è tanto una questione delle singole storie in sé, ma del fatto che tutti i personaggi assumono verso i propri problemi il medesimo atteggiamento rassegnato e passivo e lasciano che la propria vita sia avvelenata da un singolo avvenimento. Almeno questa è la sensazione che mi ha lasciato.

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    1. Sì, hai ragione. Hai espresso molto bene il concetto! I personaggi sembrano avere tutti lo stesso carattere, e le stesse reazioni, sembrano omologati. Lascia una strana sensazione del complesso.
      Grazie per essere passato 🙂

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  5. Vanni A. ha detto:

    Ho appena finito di leggere il libro e devo dire che mi è piaciuto molto anche se è da due giorni che faccio i conti con un vortice di emozioni che mi impedisce dal concentrarmi dalle normali attività quotidiane e con uno strano formicolio allo bocca stomaco.
    Ciò è dovuto al fatto che in questa storia mi ci sono ritrovato fino alla punta dei capelli. Infatti a 9 anni ho avuto un brutto incidente le cui conseguenze fisiche me le porto ancora dietro. Leggendo il libro mi sono reso conto che in 35 anni di vita non mi sono mai fermato a riflettere veramente su come quell’incidente abbia impattato sulla mia crescita emotiva, sulla mia socialità e su come gli altri si relazionavano al mio nuovo me, uguale eppure diversissimo rispetto al bambino che ero.
    I personaggi del libro esasperano la loro condizione, è vero, ma diversamente il libro avrebbe perso molto del suo pathos. Ho amato il modo in cui Giordano ha raccontato le pene esistenziali che affliggono i due personaggi e nonostante abbia sperato per tutto il libro che alla fine riuscissero ad aprire una breccia nel muro che si erano costruiti intorno ho apprezzato la scelta dell’autore di non rifugiarsi in un lieto fine scontato del tipo “e vissero tutti felici e contenti”. La vita sa essere ingiusta, con alcune persone più che con altre, e non tutte hanno la fortuna di incontrare qualcuno che riesce ad aprire una breccia nel muro che qualcuno di noi si è costruito tutt’intorno a se. Io ho avuto quella fortuna e lo capisco veramente solo oggi.

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    1. Abbiamo sicuramente affrontato e interpretato la lettura in modo diverso, però apprezzo molto tutto quello che hai scritto, e per alcuni versi lo condivido. Per me purtroppo il problema di fondo è stato proprio immedesimarmi, cosa che a te è sicuramente riuscita molto più facile. Grazie per essere passato 🙂

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  6. Paola ha detto:

    Appena finito di leggere e siccome avevo sentito soltanto pareri positivi, cercavo online qualcuno che invece la pensasse come me. Trovata! 😉
    Sarà che io non tollero le relazioni basate su frasi non dette e azioni non compiute…questo libro mi ha lasciata davvero perplessa. Scritto bene per carità, ma cosa ti lascia dentro? Personalmente, il nulla, quello che c’è nelle vite dei personaggi.

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    1. Esatto, oltre a questa sensazione di incompleto che mi ha lasciato addosso, non ho neanche afferrato il messaggio. O meglio, potrei anche aver afferrato, attraverso gli errori dei protagonisti, ma mi è risultato così pesante e fine a sé stesso

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